Dipende dal contesto.
Il nostro.
Io direi più che potere è volere.
Se io posso fare qualcosa, allora riesco anche a volerlo… nel senso che inizio a maturare il desiderio reale di occupare uno spazio di possibilità.
Ma cosa significa potere?
A mio avviso non ha a che fare solo con la concreta opportunità di realizzare qualcosa, ma anche con la soggettiva percezione che questa opportunità mi appartenga.
Quando frequentavo il liceo, mi rifiutavo di fare la lezione di educazione fisica, la odiavo profondamente perché ero un’adolescente timida e impacciata, nei miei 46 kg già invisibili, che cercavo di nascondere sotto a vestiti di due taglie più grandi.
Così i miei insegnanti e io stessa credevamo che io non volessi fare sport.
In realtà non me ne sentivo capace né adatta, non percepivo la possibilità di farlo, sebbene concretamente l’avessi, una volta a settimana, alla stessa ora.
Dunque io non volevo fare sport, non mi interessava.
Onestamente la filosofia e la letteratura greca erano molto più nelle mie corde.
E' stato così per tante cose fino a quando, proprio lo sport, 20 anni dopo, mi offrì una prospettiva nuova.
Nel 2015 iniziai ad andare in palestra e non perché lo volessi realmente, ma perché il mio ex compagno di allora mi fece notare che ero ingrassata.
In effetti era vero e io attribuì a questo la sua mancanza di interesse per me.
Era chiaro che la sua mancanza di interesse era dovuta banalmente alla mancanza di interesse, accidenti che ovvietà.
Ma era meno doloroso per me pensare che io potessi fare qualcosa.
Così iniziai ad andare in palestra.
Fu allora che mi resi conto che potevo sollevare un bilanciere senza risultare ridicola a me stessa, esattamente come le altre ragazze, e potevo anche aumentare i carichi.
Certo, vedevo ragazze molto più allenate di me che si confrontavano con pesi per me impensabili allora, ma dopo 1 anno riuscivo a portare a casa due casse di acqua senza avere il fiatone e a mettere i dischi arancioni a body pump (chi lo ha seguito con me sa di che parlo).
Insomma, potevo.
E la cosa mi piacque talmente tanto da volerla.
Si perché, nel frattempo, quella insana relazione con il mio ex era finita, ma io avevo continuato a seguire i miei allenamenti.
Perché lo volevo.
Cosa voglio dire con tutto questo?
Che molto dipende dal nostro contesto, dal nostro mondo, dalle nostre rappresentazioni, figlie dell’educazione che abbiamo ricevuto, delle esperienze vissute e del modo in cui le abbiamo elaborate.
Ci sono possibilità concrete che possediamo o non possediamo e che non dipendono dal nostro controllo.
Su queste non abbiamo margine di intervento.
È importante averne consapevolezza, perché ci danno la misura dei nostri limiti.
E, attenzione, non parlo di incapacità, ma di confini. Ci sono confini che non ha senso valicare, perché il prezzo da pagare sarebbe troppo alto e inutile.
Un esempio? Ciascuna di noi ha la propria fisicità, che dipende dalla genetica e dalla fisiologia.
Se io voglio raggiungere una fisicità che non mi appartiene, non è detto che io possa farlo o, se posso farlo, il costo in termini di salute e benessere (mentale soprattutto) potrebbe essere troppo alto.
Volere a tutti i costi entrare in una taglia 40, quando il mio è un corpo che naturalmente sta bene e in salute in una taglia 44, può voler dire spingermi troppo oltre, sacrificando energie, risorse e benessere.
Ci sono poi possibilità concrete che, invece, non sappiamo di avere, semplicemente perché non le abbiamo mai esplorate. I nostri bias mentali ci hanno portato a escluderle a priori.
Il mio approccio alle lezioni di educazione fisica è un esempio.
Un altro esempio? Ogni volta che rinunciamo a prenderci cura di noi perché “tanto non sarò mai una taglia 40”.
L’estremismo e il perfezionismo, il pensiero in “bianco e nero, zero o dieci”, le etichette, le definizioni, la fiducia nell’opinione altrui, la sfiducia nelle proprie risorse.
Tutto questo segna confini che non ci sarebbero, cancella sfumature, appiattisce, toglie possibilità.
La conoscenza e la consapevolezza ne costruiscono di nuove.
Dunque, conosciamo, possiamo, sentiamo, vogliamo.
Ilena Egle Astrid Li Mura
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